- egemonia e del tasso di cambio falsato del dollaro ne risentono i Paesi in via di sviluppo
- la dipendenza dai finanziamenti in dollari opprime la crescita dell’economia mondiale
- è difficile contare su una normalizzazione dell’economia globale.
- un dollaro più forte e una liquidità insufficiente opprimeranno la crescita economica mondiale e porteranno de facto alla deflazione
- il sistema finanziario globale in dollari potrebbe non sopravvivere
Il rapporto di analisi pubblicato dalla nota banca di investimenti Saxo Bank sembra quasi un buon libro giallo sebbene nel suo titolo contenga già il nome del colpevole: il dollaro americano viene dichiarato il principale criminale del sistema finanziario mondiale.
Il titolo del rapporto, Killer Dollar, è di per sé eloquente, ma in questo caso è rilevante non solo la connotazione negativa dell’impatto che l’egemonia del dollaro ha sul sistema finanziario mondiale, ma anche la previsione secondo la quale il mondo è giunto a un punto in cui solamente la svalutazione della valuta americana potrebbe ritardare di un po’ (ma di certo non scongiurare) una grave crisi a livello mondiale. I bassissimi tassi di interesse hanno già dimostrato di essere inefficaci e, per guadagnare altro tempo, gli Stati Uniti dovranno sacrificare proprio il loro forte dollaro.
“Quando si scriverà la storia di questi anni, il 2019 verrà ricordato molto probabilmente come l’inizio della fine del maggiore esperimento monetario di tutta la storia: sarà l’anno che avrà dato avvio alla recessione a livello mondiale nonostante i più bassi tassi di interessi reali e nominali della storia. Le politiche monetarie e creditizie hanno raggiunto la fine di un lungo percorso e questa fine si è rivelata insoddisfacente”, scrive Steen Jakobsen, chief economist presso Saxo Bank.
Il rapporto Dollar Killer ricorda molto l’intervento di un pubblico ministero dato che al suo interno vengono elencati i numerosi “crimini a sfondo economico” legati alla valuta americana e al suo tasso di cambio artificialmente pompato. Stando a Jakobsen e ai suoi colleghi, per via dell’egemonia e del tasso di cambio falsato del dollaro ne risentono i Paesi in via di sviluppo (ovvero, tutto il mondo salvo i Paesi occidentali), e la dipendenza dai finanziamenti in dollari opprime la crescita dell’economia mondiale nel complesso (questo riguarda anche i Paesi occidentali che non utilizzano il dollaro come valuta nazionale). Inoltre, alla luce del deficit di liquidità in dollari (venutasi a creare principalmente per via dei provvedimenti attuati dalle autorità statunitensi) è difficile contare su una normalizzazione dell’economia globale. Stando agli esperti della Saxo Bank, ulteriori problemi sono generati dal fatto che “un dollaro più forte e una liquidità insufficiente (ovvero l’accessibilità ai finanziamenti in dollari, NdA) opprimeranno la crescita economica mondiale e porteranno de facto alla deflazione nonostante gli sforzi delle banche centrali volti a ridurre i tassi di interesse”.
Si potrebbe pensare che un dollaro forte sia favorevole agli USA tanto che nei circoli della finanza si ripete scherzosamente che “l’economia mondiale è come un ospedale: fino ad oggi tutti hanno sofferto di cancro, mentre l’America ha avuto solo l’influenza. L’America starà sempre bene”. Il problema di questa teoria è che gli USA (nonostante tutta la retorica dell’autosufficienza dell’economia americana) non sono una zona isolata del mondo: infatti, una crisi in Unione europea o nel Sud-Est asiatico innescherebbe inevitabilmente una reazione a catena oltreoceano. Inoltre, questa volta è elevata la probabilità che a soffrire per la crisi gli USA saranno i primi o comunque lo faranno insieme a tutti gli altri.
La presenza negli USA di sintomi di problemi economici imminenti non è una valutazione fatta solo da Saxo Bank o da una faziosa “propaganda russa”, ma una mera constatazione resa nota anche dal canale televisivo preferito da Donald Trump, Fox News: “Una serie di dati economici negativi registrati questa settimana negli USA ha alimentato grandi timori. La recessione incombe e ha inviato un segnale inequivocabile a Wall Street: il periodo di crescita record sta cominciando a rallentare. Su questo ora non abbiamo più dubbi”, ha dichiarato Peter Earl, collaboratore dell’Istituto americano di studi economici. Martedì i produttori americani hanno registrato il crollo più grande degli ultimi 10 anni: un segnale che solitamente precede la recessione. A settembre l’indice ISM è sceso fino a 47,8: si tratta del secondo mese consecutivo di ribasso”.
Alla luce di ciò si può ipotizzare che l’economista di Saxo Bank abbia ragione quando suggerisce che nel novero degli strumenti disponibili per sostenere l’economia mondiale ne sia rimasto solo uno, il deprezzamento del dollaro.
Da notare che gli esperti bancari europei sostengono quello che abbiamo scritto anche noi: nell’élite politica americana si sta creando una linea comune sulla necessità di una tempestiva svalutazione del dollaro. Questo permetterà di alleviare il peso debitorio dell’economia americana, ridurre gli oneri sociali sul bilancio (calcolando tali oneri in riferimento al potere d’acquisto di quei dollari che vengono corrisposti sotto forma di sussidi e altre forme di aiuti sociali), imporre limitazioni alle importazioni cinesi, giapponesi ed europee, nonché stimolare le esportazioni nazionali.
Il principale sostenitore del deprezzamento del dollaro è Donald Trump e, come giustamente osservano i relatori del rapporto Dollar Killer, sebbene non sia ancora riuscito a gestire la resistenza opposta dalla Fed, Trump dispone di altri metodi da adottare per raggiungere il suo obiettivo: “Quando, e non se, Trump perderà la pazienza nei confronti di Powell (il presidente della Fed), si appellerà al Gold Reserve Act del 1934 che conferisce alla Casa Bianca ampi poteri per l’attuazione di interventi valutari e per la vendita di dollari volta all’acquisto di valuta straniera”.
La questione del deprezzamento del dollaro è prioritaria non solo per Trump, ma anche per i suoi avversari politici come Elizabeth Warren, la candidata principale del Partito Democratico alle presidenziali. Warren propone persino di introdurre una tassa sull’acquisto di obbligazioni statunitensi e di altri strumenti finanziari in dollari: questo porterebbe inevitabilmente alla svalutazione del dollaro. Proposte analoghe figurano anche nel progetto di legge denominato Baldwin-Hawley Bill fra i sostenitori del quale vi sono sia democratici sia repubblicani.
Gli esperti della Saxo Bank avvertono che, anche se si decida per la svalutazione e la si metta in pratica, è poco probabile che le sue conseguenze portino vantaggi agli USA a lungo termine: “Un dollaro più debole potrebbe rappresentare un vantaggio per noi per un po’ di tempo, ma l’indebolimento della valuta non costituisce un provvedimento strutturale. Stati Uniti, state attenti con le vostre decisioni!”
Bisogna spiegare questo ammonimento: Washington deve fare attenzione alle decisioni che prende per due motivi.
Primo motivo: altri Paesi, come gli Stati membri dell’UE e la Cina, risponderanno alla svalutazione con la svalutazione di modo da salvaguardare la competitività dei propri prodotti e servizi sul mercato globale.
Secondo motivo (più importante): il sistema finanziario globale in dollari potrebbe non sopravvivere ai tentativi di Washington di risolvere tutti i problemi deprezzando la propria valuta. Ciò significa che l’egemonia del dollaro potrebbe terminare e anche nel peggiore dei modi per gli USA. (Sputnik Economia 10.10.2019)