Perché le imprese italiane che esportano sono così poche?

Export e internazionalizzazione sono fattori decisivi per espandersi  (Estratto da SACE/SIMEST)

 Perché le imprese italiane che esportano sono così poche?

 Il 60% delle imprese italiane che hanno scelto di esportare contano meno di 10 dipendenti.

Il mercato italiano e quello europeo rappresentano solo una modesta porzione della domanda a cui le imprese possono attingere

 Siamo spesso erroneamente indotti a pensare che l’export sia alla portata soltanto di imprese di grande dimensione, soprattutto se tali investimenti sono rivolti a mercati extra-europei.

Secondo il rapporto Ice 2018-2019, in realtà, quasi il 60% delle imprese italiane che hanno scelto di esportare contano meno di 10 dipendenti.

La percentuale supera l’80% se si considerano anche le imprese fino a 50 dipendenti.

 Esportare aiuta a mitigare i rischi

 Le nostre imprese esportatrici che operano in un solo mercato corrispondono a circa il 42%. Se invece si considerano quelle che esportano in due mercati si va oltre il 50%. Nonostante l’elevata percentuale, il loro peso sull’export totale è di poco superiore al 3%.

 Ricercare opportunità in diversi mercati aiuta soprattutto a mitigare i rischi. Le grandi sfide per le imprese italiane di piccola e media dimensione sono principalmente due:

 affacciarsi con costanza sui mercati internazionali e diversificare le mete secondo le proprie possibilità.

 Le ragioni per cui la tua azienda dovrebbe internazionalizzarsi

 Le imprese esportatrici sono state in grado di reggere la competizione internazionale legata ai bassi costi di produzione di alcuni Paesi emergenti grazie a una notevole capacità di adattamento (anche dal punto di vista settoriale) e spostando la propria strategia di export su altri fattori quali il brand, la qualità, la rete di distribuzione e i servizi post-vendita.

 Ma esportare non è l’unica via per internazionalizzarsi.

Talvolta si rende infatti necessario andare a produrre e investire all’estero per ragioni strutturali e strategiche che esulano dalla mera riduzione dei costi di produzione: 

  • ampliare le dimensioni d’impresa per poter competere con i grandi player che operano su scala globale;
  • aggirare le barriere protezionistiche, ovvero dazi e barriere non tariffarie che ostacolano (o impediscono) il realizzarsi delle transazioni;
  • esigenze di prossimità, per presidiare direttamente quei mercati in cui l’export da solo non è sufficiente a garantirne una penetrazione efficace; per minimizzare il time to market;
  • per sfruttare le sinergie con i clienti4;
  • usufruire delle materie prime dei Paesi esteri, risorse di cui l’Italia non dispone in abbondanza.

 Oggi la crescita delle imprese passa soprattutto per la via dell’internazionalizzazione.

 Il mercato italiano e quello europeo rappresentano solo una modesta porzione della domanda a cui le imprese possono attingere.

 Le imprese esportatrici presentano risultati migliori in termini di crescita del fatturato, redditività, profittabilità e solvibilità rispetto alle imprese non esportatrici.

 Esportare non è l’unica via per internazionalizzarsi, si può rendere necessario andare a produrre e investire all’estero per ragioni strutturali e strategiche con effetti positivi anche sull’economia interna.

 Per andare all’estero è necessario dotarsi di una struttura adeguata, accumulare know how e avvalersi di esperti capaci di guidare il processo di internazionalizzazione. www.consultpartners.org