Il sole 24 ore scrive del CPM Moscow che si è concluso in questi giorni, con le opinioni di alcuni espositori. E noi di Modaitaly.ru aggiungiamo che………..
Il termometro della ripresa non è solo nei numeri dell’export di moda italiana verso la Russia, o nel sentiment delle aziende tricolori che tornano a vedere a Milano e Firenze i buyer con i rubli in tasca.
È anche nella fiera più importante dell’Est Europa, Collection premiere Moscow (Cpm), frequentata perlopiù da compratori in arrivo dalla Russia e dalle ex repubbliche sovietiche, il che può voler dire fare 10- 12 ore di aereo.
È da quella fiera, che si è chiusa nei giorni scorsi all’Expocentre di Mosca e che ha ospitato le collezioni moda di 134 marchi italiani (sui 1.000 presenti da 25 Paesi), che arriva il giudizio più affidabile sulla ripresa in atto: piano piano, dicono le aziende di moda italiane, il mercato russo sta tornando alla normalità (si veda l’articolo qui sopra). L’Italia è rimasta il primo partner commerciale della Russia per abbigliamento e maglieria, ma il sacrificio in termini di vendite per le aziende è stato grosso, e si è concentrato nei segmenti donna e bambino (anche perchè l’uomo valeva poco, circa il 10% del business).
Un sacrificio che si vuol cancellare in fretta, anche grazie ai 22.600 visitatori registrati al Cpm, record assoluto nella storia della fiera. Basta pensare che due anni fa, nel febbraio 2015 punto più basso della crisi, i visitatori erano stati 16.100.
«Se il rublo resta sui livelli attuali, tra 55 e 65, possiamo sperare – afferma Marco Landi, titolare della storica azienda empolese Landi, produttore di capispalla uomo e donna, 5 milioni di fatturato 2016 per il 70% all’export e al suo quinto anno al Cpm – quando ho cominciato a venire a questa fiera il cambio era a 40, poi con la crisi ha toccato quota 100. Oggi i russi sono più attenti al prezzo, e relativamente interessati al fatto che un’azienda è sul mercato da 70 anni con un prodotto artigianale di qualità. Ma resto convinto che questo sia un mercato dalle grandi potenzialità, che ha “fame” di abbigliamento e che, proprio perché ha le dimensioni di un continente, può dare grandi risultati».
Alle potenzialità credono le quattro aziende napoletane – Laboratori Italiani (total look uomo), Giangi (camiceria), Caridei (guanti) e Rubino (capispalla in pelle) – che per la prima volta hanno partecipato al Cpm, portando a casa ordini e aspettative. «Abbiamo deciso di fare squadra con l’idea di far vedere che la qualità sartoriale napoletana non è appannaggio solo dei grandi marchi», spiega Giulio Cacciapuoti, titolare di Laboratori Italiani, dal padiglione del Cpm Italian Fashion organizzato da Ente Moda
Italia, che ha accolto gran parte delle aziende italiane, e che, ancora una volta, è stato il più visitato della fiera. «Il cambio d’approccio, dopo la crisi, si vede nell’attenzione ai prezzi – spiega Luca Carbone, direttore commerciale della pistoiese Cinelli- Studio, specializzata in capispalla donna – e nell’assenza dei buyer ucraini.
Sui pagamenti occorre una svolta: in molti casi i compratori lasciano il deposito ma poi non saldano e non ritirano i prodotti».
Gli ordini corposi, seguiti da consegne esigue, sono la spina nel fianco anche di Ivo Basetti, titolare dell’omonima azienda aretina di pellicce donna, 2 milioni di ricavi per il 50% esteri, al Cpm da 15 anni: «Ho cambiato quattro agenti – dice – e poi ho deciso di fare da solo: negli ultimi anni le vendite si sono più che dimezzate, ora speriamo nella ripresa». ( Estratto dal Sole 24 Ore del 3 marzo 2017 )
E noi di Modaitaly.ru aggiungiamo che è molto vero che gli ordinativi in fiera, fatti sull’onda dell’impulso emozionale non vengono poi, perlopiù, perfezionati ma questo è un problema sempre esistito con i russi, ordini annullati, anticipi non versati e quantitativi ridotti successivamente anche in maniera sostanziale, tutto questo dovuto soprattutto alla logica del programmato che vede passare mesi tra l’ordine la consegna, inoltre ordinativi scritti su documenti non legali per la Russia non vincolano minimamente il compratore che, in virtù poi delle proprie disponibilità, sempre più spesso legate ai flussi di cassa, si sente in diritto di annullare o ridimensionare l’ordine iniziale.
Ma come era stato già scritto in un nostro precedente blog (www.russiaaffari.blog): c’è anche da considerare che le collezioni programmate e quindi gli ordini programmati non hanno più la valenza di una volta, gli operatori lavorano con programmato al 50% ( forse anche meno ) mentre si avvalgono per l’altro 50% di acquisizioni a pronto –magazzino o pronto-programmato, problematica che rende il mercato leggermente più complesso da gestire per coloro che non operano nel pronto.
Inoltre è sempre necessario affidarsi a partner -showroom o distribuzioni- in grado di gestire in proprio il programmato come pronto da offrire al retail, il che richiede tempistiche di introduzione nel mercato più lunghe con risultati iniziali spesso insoddisfacenti.
Proprio per questo è impensabile che il mercato risponda immediatamente alla sollecitazione delle collezioni, specialmente per le nuove aziende che si presentano per la prima volta o per coloro che sono da poco presenti, i tempi di attesa non sono più quelli dei “ bei tempi”, il mercato è da fare con scienza e coscienza, con costanza e pazienza.
Ecco che c’è da stare attenti nel ricercare la collaborazione di un agente così come inteso in Italia, tale figura è praticamente inesistente è fuori luogo, e quand’anche vi fosse la perdita di tempo sarebbe notevole se la figura non viene supportata da adeguati investimenti. Per vendere in Russia serve promuovere a livello di marketing, call-center dedicati, con decine di migliaia di contatti diretti e indiretti, con showroom espositivi adeguati e non con collezioni in “valigia ad apertura programmata”. Poi serve assistenza per trasporti e sdoganamenti la dove il cliente lo richieda e serve dedicare alla promozione delle collezioni 350 giorni all’anno costantemente e non solo per il periodo di campagna. Servono strutture adeguate, personale e risorse non improvvisati, con pluriennale esperienza sul campo. Ed è proprio questo che le aziende italiane non riescono a comprendere bene pensando che la fiera sia sufficiente a fare mercato e che la figura di un qualunque collaboratore improvvisato a basso costo o a costo zero sia la soluzione.
È quasi inevitabile che i primi approcci al mercato sia rivelino un flop e la tentazione dell’imprenditore è di “fuggire” ma ciò è dovuto alla realtà della maggior parte dei mercati e alle aspettative fuori luogo dell’ azienda italiana che dovrebbero persistere e rimanere presente sul mercato e non fuggire al primo flop, deve adeguare le proprie aspettative alla realtà di questo mercato come lo deve fare per ogni altro mercato in questa era di globalizzazione, costanza e proposta sono le caratteristiche necessarie per realizzare un nuovo mercato, oltre a duttilità e capacità di adeguamento alle variabili richieste, tenendo sempre ben presente che il “costo zero” non esiste e che se un mercato è considerato strategico qualche impegno economico lo si deve affrontare.
Non è più il tempo del “ mordi e fuggi”, delle collaborazioni che ( furbescamente ) cambiano spesso con lo scopo di acquisire clientela da l’uno o l’altro showroom, dei budget ricercati ad ogni costo ed espressi senza storicità, di vendere direttamente bypassando il partner locale, delle vendite” in contante”, delle strane gestioni e alchimie del “nero o grigio” o altre ormai improbabili opzioni di questo mercato.
E’ il tempo di agire seriamente e senza “fronzoli” nel mercato che certamente diverrà il mercato più importante e il più vicino alla realtà italiana, nell’entità statale più vasta al mondo e con prospettive per i prossimi 30 anni e oltre per le imprese italiane, un’area che nutre grande simpatia per l’Italia e gli italiani anche se tradita dall’adesione alle sanzioni che, almeno l’Italia poteva e doveva evitare.
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